Consulenza familiare…con il bambino
Come il bambino comunica il suo disagio? Quando la famiglia deve preoccuparsi e che cosa può fare per aiutarlo?
Ogni famiglia con figli si dovrebbe porre questa domanda:
cosa prova mio figlio? Come sta?
Il bambino non sempre riesce a comunicare il proprio vissuto emotivo a parole, pertanto è importante che la famiglia impari a leggere una difficoltà del figlio, per aiutarlo.
Nel caso in cui i genitori notino un cambiamento significativo del suo atteggiamento, potrebbero verificare all’interno di una consulenza familiare cosa il bambino sta cercando di dire con il suo comportamento “sintomatico”.
La pipì a letto, un tic, l’isolamento, un comportamento aggressivo con gli altri bambini o oppositivo con l’adulto, un cambio di rendimento o di comportamento a scuola, ansia quando deve lasciare i genitori, sono alcuni dei tanti segnali che il bambino invia per chiedere aiuto all’adulto di riferimento.
Sicuramente quando parliamo di bambini, il contesto familiare in cui vive è fondamentale; per questo è la famiglia che può rispecchiare il suo vissuto emotivo e verbalizzare il disagio che lui prova ad esprimere attraverso il “sintomo”.
Condivido con voi questa poesia, per riflettere insieme:
Il bambino impara ciò che vive
Se vive nel rimprovero, diverrà più intransigente.
Se vive nell’ostilità diverrà più aggressivo.
Se vive nella derisione, diverrà più timido.
Se vive nel rifiuto, diverrà uno sfiduciato.
Se vive nella serenità, diverrà più equilibrato.
Se vive nell’incoraggiamento, diverrà più intraprendente.
Se vive nell’apprezzamento, diverrà più comprensivo.
Se vive nella lealtà, diverrà più giusto.
Se vive nella chiarezza, diverrà più fiducioso.
Se vive nella stima, diverrà più sicuro di sé.
Se vive nell’amicizia, diverrà veramente amico per il suo mondo.
Molto spesso i bambini assorbono i problemi e il clima del contesto familiare, un segreto, un litigio tra genitori, una separazione in famiglia, un lutto, tutto quello che noi non raccontiamo ai bambini, i bambini lo assorbano e lo ingigantiscono se noi, come adulti significativi, non siamo pronti a rispondere a tutte le loro domande.
Questo può creare in loro ansia, tristezza, angoscia di essere colpevole, paura di non essere amato o di essere abbandonato.
La consulenza familiare con il bambino è uno spazio di ascolto psicologico, in cui una persona esterna al sistema familiare, lo psicologo, appunto, è chiamato a dare voce al disagio del bambino, quando i genitori hanno difficoltà a capire la richiesta di aiuto del figlio.
Lo psicologo cercherà questa risposta insieme ai genitori, che sono i massimi esperti dei loro figli. Il compito dello psicologo nei colloqui iniziali è di raccolta dei dati e di restituzione alla famiglia della direzione da intraprendere per l’eventuale lavoro psicologico da fare successivamente.
Facilitato dalla sua posizione esterna al sistema famiglia, lo psicologo può presentare ai genitori una lettura più chiara del disagio del bambino e collaborando con loro cerca la strada più efficace e adatta a quella famiglia come supporto a un momento di difficoltà.
Il percorso di valutazione prevede 4 incontri iniziali così articolati: il primo incontro è con i genitori, il secondo è con la famiglia e il minore e con eventuali sorelle o fratelli, il terzo incontro è con il bambino e infine l'ultimo incontro è di restituzione alla coppia genitoriale per riportare le osservazioni emerse ed eventualmente impostare il lavoro terapeutico.
Il terzo incontro potrebbe essere anche congiunto con un fratello o una sorella, quando lo psicologo reputa che per il bambino sia troppo gravoso essere il "paziente designato" ovvero l'unico della famiglia che ha una difficoltà.
Il lavoro terapeutico può successivamente essere necessario una volta a settimana o ogni due settimane e la famiglia può essere convocata per sottosistemi separatamente (madre e figlio, padre e figlio, coppia genitoriale...).
La presenza di tutti i membri della famiglia è necessaria proprio a evitare che il bambino si senta solo con la sua difficoltà.
La famiglia rappresenta per il bambino il contesto di vita primario.
Pertanto capire con la famiglia di cosa il bambino ha bisogno e cercare insieme a ogni membro del sistema familiare degli strumenti per dare parole al suo disagio, diventa l'obiettivo fondamentale di tutto il lavoro terapeutico.
Nel caso in cui i genitori notino un cambiamento significativo del suo atteggiamento, potrebbero verificare all’interno di una consulenza familiare cosa il bambino sta cercando di dire con il suo comportamento “sintomatico”.
La pipì a letto, un tic, l’isolamento, un comportamento aggressivo con gli altri bambini o oppositivo con l’adulto, un cambio di rendimento o di comportamento a scuola, ansia quando deve lasciare i genitori, sono alcuni dei tanti segnali che il bambino invia per chiedere aiuto all’adulto di riferimento.
Sicuramente quando parliamo di bambini, il contesto familiare in cui vive è fondamentale; per questo è la famiglia che può rispecchiare il suo vissuto emotivo e verbalizzare il disagio che lui prova ad esprimere attraverso il “sintomo”.
Condivido con voi questa poesia, per riflettere insieme:
Il bambino impara ciò che vive
Se vive nel rimprovero, diverrà più intransigente.
Se vive nell’ostilità diverrà più aggressivo.
Se vive nella derisione, diverrà più timido.
Se vive nel rifiuto, diverrà uno sfiduciato.
Se vive nella serenità, diverrà più equilibrato.
Se vive nell’incoraggiamento, diverrà più intraprendente.
Se vive nell’apprezzamento, diverrà più comprensivo.
Se vive nella lealtà, diverrà più giusto.
Se vive nella chiarezza, diverrà più fiducioso.
Se vive nella stima, diverrà più sicuro di sé.
Se vive nell’amicizia, diverrà veramente amico per il suo mondo.
Molto spesso i bambini assorbono i problemi e il clima del contesto familiare, un segreto, un litigio tra genitori, una separazione in famiglia, un lutto, tutto quello che noi non raccontiamo ai bambini, i bambini lo assorbano e lo ingigantiscono se noi, come adulti significativi, non siamo pronti a rispondere a tutte le loro domande.
Questo può creare in loro ansia, tristezza, angoscia di essere colpevole, paura di non essere amato o di essere abbandonato.
La consulenza familiare con il bambino è uno spazio di ascolto psicologico, in cui una persona esterna al sistema familiare, lo psicologo, appunto, è chiamato a dare voce al disagio del bambino, quando i genitori hanno difficoltà a capire la richiesta di aiuto del figlio.
Lo psicologo cercherà questa risposta insieme ai genitori, che sono i massimi esperti dei loro figli. Il compito dello psicologo nei colloqui iniziali è di raccolta dei dati e di restituzione alla famiglia della direzione da intraprendere per l’eventuale lavoro psicologico da fare successivamente.
Facilitato dalla sua posizione esterna al sistema famiglia, lo psicologo può presentare ai genitori una lettura più chiara del disagio del bambino e collaborando con loro cerca la strada più efficace e adatta a quella famiglia come supporto a un momento di difficoltà.
Il percorso di valutazione prevede 4 incontri iniziali così articolati: il primo incontro è con i genitori, il secondo è con la famiglia e il minore e con eventuali sorelle o fratelli, il terzo incontro è con il bambino e infine l'ultimo incontro è di restituzione alla coppia genitoriale per riportare le osservazioni emerse ed eventualmente impostare il lavoro terapeutico.
Il terzo incontro potrebbe essere anche congiunto con un fratello o una sorella, quando lo psicologo reputa che per il bambino sia troppo gravoso essere il "paziente designato" ovvero l'unico della famiglia che ha una difficoltà.
Il lavoro terapeutico può successivamente essere necessario una volta a settimana o ogni due settimane e la famiglia può essere convocata per sottosistemi separatamente (madre e figlio, padre e figlio, coppia genitoriale...).
La presenza di tutti i membri della famiglia è necessaria proprio a evitare che il bambino si senta solo con la sua difficoltà.
La famiglia rappresenta per il bambino il contesto di vita primario.
Pertanto capire con la famiglia di cosa il bambino ha bisogno e cercare insieme a ogni membro del sistema familiare degli strumenti per dare parole al suo disagio, diventa l'obiettivo fondamentale di tutto il lavoro terapeutico.