Consulenza familiare...con l'adolescente
Genitori in difficoltà nella relazione con un figlio o una figlia in età adolescenziale: quando è consigliabile la terapia familiare con l'adolescente?
L’adolescenza è un periodo caratterizzato da una molteplicità di cambiamenti, a diversi livelli: fisico, cognitivo, psicologico e relazionale.
Durante il periodo adolescenziale si sviluppa una maggiore capacità cognitiva, un uso più appropriato della logica, del ragionamento e una comprensione più profonda della realtà.
Jean Piaget, psicologo e pedagogista, ritiene che questo periodo sia caratterizzato a livello cognitivo dalla fase del “pensiero operativo formale”, per la possibilità di ragionare in termini astratti oltre a quelli legati alla contingenza pratica.
L’egocentrismo adolescenziale tende a viziare gli schemi di pensiero comportando:
Secondo Erik Erickson, psicologo e psicanalista, il compito principale dell’adolescenza è acquisire una propria identità.
L’acquisizione dell’identità può comportare l'assunzione di:
Secondo questo autore la ricerca di un’identità è un percorso che si articola attraverso delle tappe: la preclusione (il ragazzo definisce prematuramente la sua identità), la diffusione (si mostra indifferente alla definizione di sè), una fase di moratoria (sperimenta tratti diversi a seconda delle persone frequentate) e infine una fase di acquisizione. Il percorso fino all’acquisizione dell’identità può essere agevolato quando la famiglia e il contesto sociale ha fornito strutture e consuetudini stabili ed è in grado di sostenere l’individuo.
I genitori svolgono un ruolo fondamentale soprattutto se lo scarto generazionale tra genitori e figli non diviene un divario non più colmabile.
I conflitti, che sono normali nel periodo adolescenziale, sembrano accentuati:
I coetanei sostengono il singolo nella formazione dell’identità, svolgendo un ruolo di aiuto e sostegno nella comune “lotta con gli adulti”.
In questo periodo i genitori e gli amici devono svolgere un ruolo complementare per la sana crescita dell’individuo.
Nonostante la maggior parte degli adolescenti viva questo periodo di transizione verso l’età adulta nei limiti della normalità, alcuni devono affrontare, oltre alle normali difficoltà evolutive, ulteriori aspetti negativi, che possono aggravare fortemente la situazione: la disarmonia familiare, le difficoltà scolastiche, la vulnerabilità genetica, o alcune caratteristiche personali, come la bassa autostima.
L'adolescenza del figlio potrebbe comunque essere un periodo difficile da affrontare per la famiglia; il figlio mette a dura prova i genitori, sfidando le regole proprio per capire fino a che punto può arrivare e anche per sperimentare i suoi limiti.
In questa dinamica può inserirsi la consulenza familiare quando le criticità che si presentano in famiglia diventano insostenibili e quando il ragazzo mostra un sintomo che preoccupa i genitori e che mette a rischio la sua vita. La tossicodipendenza, sintomatologie ansiose, depressive, comportamenti aggressivi verso gli altri e verso se stessi, disturbi alimentari, comportamenti autolesionistici, abuso di alcool sono sintomatologie attraverso le quali il ragazzo sfida i genitori.
La consulenza familiare con l'adolescente, quindi, può essere utile a supporto della famiglia, che oltre alle difficoltà specifiche legate all'età del figlio/a, si trova ad affrontare anche sintomi più gravi e specifici che il ragazzo manifesta.
I primi incontri di consulenza familiare possono aiutare la famiglia a capire il problema e inquadrare le cause delle difficoltà del ragazzo/a, che attraverso il sintomo chiede aiuto alla famiglia. La successiva presa in carico da parte dello psicologo e l'inizio della terapia comporta il lavoro sui nodi problematici.
Il ragazzo si prepara a entrare nell'età adulta e i genitori possono aiutarlo in questa fase critica cercando di mantenere un buon dialogo, prendendo seriamente i problemi relativi a questa fase, senza banalizzarli, e facendo rispettare poche regole chiare. Il ragazzo vuole sentirsi trattato come un adulto, e per quanto per il genitore rimane sempre un bambino bisogna fare lo sforzo di iniziare a guardarlo con occhi diversi e ascoltare quello che cerca di dirci attraverso il comportamento sintomatico.
Nessun percorso si presenta totalmente irreversibile e ogni adolescente, vista la sua carica di originalità, forza e apertura al nuovo può affrontare con successo le sfide che la vita gli presenta.
Durante il periodo adolescenziale si sviluppa una maggiore capacità cognitiva, un uso più appropriato della logica, del ragionamento e una comprensione più profonda della realtà.
Jean Piaget, psicologo e pedagogista, ritiene che questo periodo sia caratterizzato a livello cognitivo dalla fase del “pensiero operativo formale”, per la possibilità di ragionare in termini astratti oltre a quelli legati alla contingenza pratica.
L’egocentrismo adolescenziale tende a viziare gli schemi di pensiero comportando:
- una visione distorta di sè, che fa sentire l'adolescente al centro della scena sociale;
- il mito dell’invincibilità, rispetto alle leggi della mortalità;
- il mito personale, che li fa sentire destinati a grandi cose;
- la creazione di un pubblico immaginario, che li osserva e li giudica perennemente;
- una propensione a condannare l’immoralità maggiormente negli altri, piuttosto che in se stessi.
Secondo Erik Erickson, psicologo e psicanalista, il compito principale dell’adolescenza è acquisire una propria identità.
L’acquisizione dell’identità può comportare l'assunzione di:
- Un'identità negativa, opposta a quella che la società o la famiglia si aspetta;
- Un'identità diffusa, alla ricerca della quale i giovani si mostrano completamente indifferenti;
- Un'identà preclusa, ossia una definizione prematura dell’identità;
- Una moratoria di identità, sperimentando tratti diversi a secondo delle persone che frequentano.
Secondo questo autore la ricerca di un’identità è un percorso che si articola attraverso delle tappe: la preclusione (il ragazzo definisce prematuramente la sua identità), la diffusione (si mostra indifferente alla definizione di sè), una fase di moratoria (sperimenta tratti diversi a seconda delle persone frequentate) e infine una fase di acquisizione. Il percorso fino all’acquisizione dell’identità può essere agevolato quando la famiglia e il contesto sociale ha fornito strutture e consuetudini stabili ed è in grado di sostenere l’individuo.
I genitori svolgono un ruolo fondamentale soprattutto se lo scarto generazionale tra genitori e figli non diviene un divario non più colmabile.
I conflitti, che sono normali nel periodo adolescenziale, sembrano accentuati:
- da uno stile autoritario o totalmente permissivo da parte dei genitori piuttosto che da uno stile autorevole, improntato al dialogo;
- nella prima fase dell’adolescenza;
- nelle famiglie più numerose e con un reddito più basso (i genitori tendono a non dare molta importanza ai problemi dei figli);
- con i primogeniti (gli altri figli hanno la strada già fatta);
- sotto la pressione di fattori esterni (es. un contesto più povero, che fornisce minori stimolazioni e dispone maggiormente ai pericoli) ed interni al macrosistema (es. aspettative molto alte da parte dei genitori).
I coetanei sostengono il singolo nella formazione dell’identità, svolgendo un ruolo di aiuto e sostegno nella comune “lotta con gli adulti”.
In questo periodo i genitori e gli amici devono svolgere un ruolo complementare per la sana crescita dell’individuo.
Nonostante la maggior parte degli adolescenti viva questo periodo di transizione verso l’età adulta nei limiti della normalità, alcuni devono affrontare, oltre alle normali difficoltà evolutive, ulteriori aspetti negativi, che possono aggravare fortemente la situazione: la disarmonia familiare, le difficoltà scolastiche, la vulnerabilità genetica, o alcune caratteristiche personali, come la bassa autostima.
L'adolescenza del figlio potrebbe comunque essere un periodo difficile da affrontare per la famiglia; il figlio mette a dura prova i genitori, sfidando le regole proprio per capire fino a che punto può arrivare e anche per sperimentare i suoi limiti.
In questa dinamica può inserirsi la consulenza familiare quando le criticità che si presentano in famiglia diventano insostenibili e quando il ragazzo mostra un sintomo che preoccupa i genitori e che mette a rischio la sua vita. La tossicodipendenza, sintomatologie ansiose, depressive, comportamenti aggressivi verso gli altri e verso se stessi, disturbi alimentari, comportamenti autolesionistici, abuso di alcool sono sintomatologie attraverso le quali il ragazzo sfida i genitori.
La consulenza familiare con l'adolescente, quindi, può essere utile a supporto della famiglia, che oltre alle difficoltà specifiche legate all'età del figlio/a, si trova ad affrontare anche sintomi più gravi e specifici che il ragazzo manifesta.
I primi incontri di consulenza familiare possono aiutare la famiglia a capire il problema e inquadrare le cause delle difficoltà del ragazzo/a, che attraverso il sintomo chiede aiuto alla famiglia. La successiva presa in carico da parte dello psicologo e l'inizio della terapia comporta il lavoro sui nodi problematici.
Il ragazzo si prepara a entrare nell'età adulta e i genitori possono aiutarlo in questa fase critica cercando di mantenere un buon dialogo, prendendo seriamente i problemi relativi a questa fase, senza banalizzarli, e facendo rispettare poche regole chiare. Il ragazzo vuole sentirsi trattato come un adulto, e per quanto per il genitore rimane sempre un bambino bisogna fare lo sforzo di iniziare a guardarlo con occhi diversi e ascoltare quello che cerca di dirci attraverso il comportamento sintomatico.
Nessun percorso si presenta totalmente irreversibile e ogni adolescente, vista la sua carica di originalità, forza e apertura al nuovo può affrontare con successo le sfide che la vita gli presenta.