Per saperne di più ... Consulenza psicologica alla famiglia
Qual è la prima immagine che vi viene in mente quando pensate al termine famiglia?
Al gruppo familiare più vicino a voi, al partner e ai figli? O allargate il concetto alla famiglia d’origine?
Vi sentite parte di un nucleo o membri “anonimi” di un gruppo?
La famiglia è composta da persone con una relazione significativa e fondamentale tra loro.
Nel pensare alla famiglia a me è venuta in mente l’immagine di un porto; i genitori alla nascita di un figlio devono accudirlo e prendersi cura di lui per farlo sopravvivere. Come in un cantiere navale, la nave in costruzione ha bisogno di manodopera, impegno e intervento a più livelli.
I figli hanno invece un bisogno di attaccamento alla persona che si prende maggiormente cura di loro; il bisogno di attaccamento accompagna l’essere umano “dalla culla alla tomba” cambiando ovviamente la figura di riferimento.
Per utilizzare dei termini legati alla nostra metafora, le barche rimangono attraccate al porto fino a quando non sono pronte per la navigazione in mare aperto e per l’esplorazione del mondo, potendo far ritorno in caso di necessità.
I figli ricercano nei genitori una base sicura, una fonte che li protegga e li accudisca. La coppia alla nascita di un figlio deve creare un nuovo equilibrio “familiare” non sempre facile da raggiungere.
Quando questo equilibrio si stabilisce in maniera disfunzionale si creano delle dinamiche familiari sbilanciate. I bambini possono far coppia con la mamma o con il papà o ci sono famiglie nella quali il ruolo genitoriale è svolto dai genitori di uno dei due partner.
A questo punto ci chiediamo: quando è consigliabile la terapia familiare?
La terapia familiare è possibile quando:
In terapia familiare con il disagio del singolo il lavoro con la famiglia è in ottica sistemico-relazionale. Per spiegarla in termini semplici si lavora sulla famiglia come fosse un sistema. L’idea di base è che l’intervento sul “sistema famiglia” e la modifica del comportamento di ogni membro del gruppo possono ridurre notevolmente i tempi rispetto al lavoro in terapia individuale.
Nelle sedute si lavora sulla comunicazione e sulla relazione con gli altri membri della famiglia, nella prospettiva che il disagio del singolo può essere analizzato a più livelli:
Quando parliamo di “livello intergenerazionale” ci riferiamo al quanto e al come le generazioni precedenti influenzano le nuove generazioni.
Quando parliamo di “livello familiare” ci riferiamo al lavoro con il nucleo familiare che richiede la consulenza.
Quando parliamo di “livello di coppia”, facciamo riferimento alla funzione e al ruolo svolto dalla coppia come genitori e come reciproci partner.
Riprendendo la considerazione che “tutte le famiglie felici si somigliano” mentre “ ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”, la difficoltà espressa da un membro della famiglia può essere letta a più livelli coinvolgendo la coppia, le famiglie di origine e il soggetto con il sintomo, perché “ogni patologia è un dono d’amore”.
Comprendere questa frase significa capire che il sintomo è la risposta di un soggetto alla situazione di vita attuale e passata, una reazione emotiva che deve essere compresa ed elaborata all’interno del contesto di relazione. Il suo sintomo è un dono nei confronti delle persone significative intorno a lui, come unica reazione possibile.
L’intervento con la famiglia è possibile e consigliato, parallelamente a una terapia individuale, anche con gli adulti e le loro famiglie d’origine, quando il sintomo è legato molto alle regole del contesto familiare di appartenenza e il soggetto ha un’estrema difficoltà a riconoscere la presenza di un disagio (come nel caso dei Disturbi Alimentari e delle dipendenze…)
L’incontro familiare può avvenire inizialmente ogni 7-10 giorni e successivamente una volta ogni 2 settimane, a discrezione dello psicologo e a seconda della situazione familiare.
Nel caso di lavoro con i bambini, l’intervento con la famiglia può prevedere alternativamente sedute familiari, di coppia, con il minore o con i fratelli e le sorelle.
Il lavoro terapeutico è centrato inizialmente sull’accoglienza empatica ed emotiva del disagio e sulla valutazione della condizione di vita familiare attuale.
Il sintomo del singolo è un segnale di comunicazione importante, che va ascoltato e compreso in vista di una remissione e di una ristrutturazione di un nuovo equilibrio familiare.
Attraverso la consulenza familiare, si può dare voce alla difficoltà emotiva del singolo, accoglierlo, ridefinirlo e lavorare per favorire un cambiamento della famiglia nel suo insieme.
Come nell’immagine riportata di seguito, quando i figli sono piccoli, è normale vedere che i bambini siano protetti all’interno della coppia genitoriale, per favorirne la crescita, l’accudimento e l’attaccamento.
Ovviamente questa struttura familiare dovrebbe subire della modifiche nel tempo. Successivamente la coppia genitoriale può riprendersi lo spazio come coppia e aiutare i figli nel processo di autonomia, favorendo l’uscita dal “porto”.
Nel caso la famiglia non riesca a recuperare questo equilibrio, il sintomo può rappresentare un campanello d’allarme a cui dare immediatamente un riscontro in un contesto di accoglienza, sostegno e protezione come lo spazio offerto nella consulenza familiare.
I figli hanno invece un bisogno di attaccamento alla persona che si prende maggiormente cura di loro; il bisogno di attaccamento accompagna l’essere umano “dalla culla alla tomba” cambiando ovviamente la figura di riferimento.
Per utilizzare dei termini legati alla nostra metafora, le barche rimangono attraccate al porto fino a quando non sono pronte per la navigazione in mare aperto e per l’esplorazione del mondo, potendo far ritorno in caso di necessità.
I figli ricercano nei genitori una base sicura, una fonte che li protegga e li accudisca. La coppia alla nascita di un figlio deve creare un nuovo equilibrio “familiare” non sempre facile da raggiungere.
Quando questo equilibrio si stabilisce in maniera disfunzionale si creano delle dinamiche familiari sbilanciate. I bambini possono far coppia con la mamma o con il papà o ci sono famiglie nella quali il ruolo genitoriale è svolto dai genitori di uno dei due partner.
A questo punto ci chiediamo: quando è consigliabile la terapia familiare?
La terapia familiare è possibile quando:
- un bambino
- un adolescente
- un adulto
In terapia familiare con il disagio del singolo il lavoro con la famiglia è in ottica sistemico-relazionale. Per spiegarla in termini semplici si lavora sulla famiglia come fosse un sistema. L’idea di base è che l’intervento sul “sistema famiglia” e la modifica del comportamento di ogni membro del gruppo possono ridurre notevolmente i tempi rispetto al lavoro in terapia individuale.
Nelle sedute si lavora sulla comunicazione e sulla relazione con gli altri membri della famiglia, nella prospettiva che il disagio del singolo può essere analizzato a più livelli:
- intergenerazionale,
- familiare,
- di coppia.
Quando parliamo di “livello intergenerazionale” ci riferiamo al quanto e al come le generazioni precedenti influenzano le nuove generazioni.
Quando parliamo di “livello familiare” ci riferiamo al lavoro con il nucleo familiare che richiede la consulenza.
Quando parliamo di “livello di coppia”, facciamo riferimento alla funzione e al ruolo svolto dalla coppia come genitori e come reciproci partner.
Riprendendo la considerazione che “tutte le famiglie felici si somigliano” mentre “ ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”, la difficoltà espressa da un membro della famiglia può essere letta a più livelli coinvolgendo la coppia, le famiglie di origine e il soggetto con il sintomo, perché “ogni patologia è un dono d’amore”.
Comprendere questa frase significa capire che il sintomo è la risposta di un soggetto alla situazione di vita attuale e passata, una reazione emotiva che deve essere compresa ed elaborata all’interno del contesto di relazione. Il suo sintomo è un dono nei confronti delle persone significative intorno a lui, come unica reazione possibile.
L’intervento con la famiglia è possibile e consigliato, parallelamente a una terapia individuale, anche con gli adulti e le loro famiglie d’origine, quando il sintomo è legato molto alle regole del contesto familiare di appartenenza e il soggetto ha un’estrema difficoltà a riconoscere la presenza di un disagio (come nel caso dei Disturbi Alimentari e delle dipendenze…)
L’incontro familiare può avvenire inizialmente ogni 7-10 giorni e successivamente una volta ogni 2 settimane, a discrezione dello psicologo e a seconda della situazione familiare.
Nel caso di lavoro con i bambini, l’intervento con la famiglia può prevedere alternativamente sedute familiari, di coppia, con il minore o con i fratelli e le sorelle.
Il lavoro terapeutico è centrato inizialmente sull’accoglienza empatica ed emotiva del disagio e sulla valutazione della condizione di vita familiare attuale.
Il sintomo del singolo è un segnale di comunicazione importante, che va ascoltato e compreso in vista di una remissione e di una ristrutturazione di un nuovo equilibrio familiare.
Attraverso la consulenza familiare, si può dare voce alla difficoltà emotiva del singolo, accoglierlo, ridefinirlo e lavorare per favorire un cambiamento della famiglia nel suo insieme.
Come nell’immagine riportata di seguito, quando i figli sono piccoli, è normale vedere che i bambini siano protetti all’interno della coppia genitoriale, per favorirne la crescita, l’accudimento e l’attaccamento.
Ovviamente questa struttura familiare dovrebbe subire della modifiche nel tempo. Successivamente la coppia genitoriale può riprendersi lo spazio come coppia e aiutare i figli nel processo di autonomia, favorendo l’uscita dal “porto”.
Nel caso la famiglia non riesca a recuperare questo equilibrio, il sintomo può rappresentare un campanello d’allarme a cui dare immediatamente un riscontro in un contesto di accoglienza, sostegno e protezione come lo spazio offerto nella consulenza familiare.